Per una Storia d'Europa. Noi e gli altri

Non esistono due uomini uguali su tutta la
terra; non li troverete neppure nel più piccolo fazzoletto di madre natura.
Gli uomini si muovono, entrano in contatto, si scontrano, ritornano indietro. Alcuni si assimilano, altri no.
Per umanità abbracciamo il mondo intero, ma questo universalismo naturale finisce lì quando nasce il problema. E il problema nasce quando l'altro, lo straniero, viene a stabilirsi fisicamente in mezzo a noi, nel bel mezzo della nostra Nazione.
Lo straniero viene a stare in mezzo a noi e nasce il problema. Al nocciolo della questione, è un problema di percezione dell'altro: o lo straniero si assimila a me (non io a lui) o deve andarsene. Ciò significa che il punto di vista prevalente è il mio e ad esso lo straniero deve adeguarsi: se non lo fa, se non si adegua, ecco scintillare la guerra dei mondi.
Ma non finisce qui. Se invertissimo l'ordine dei punti di vista e provassimo a guardarci come ci guarda lo straniero potremmo scoprire che non ci vede proprio eguali a lui. Uguaglianza, fraternità e libertà sono valori che proponiamo noi occidentali agli altri e pensiamo che essi stiano impiantati ad ogni incrocio della terra a indicare all'umanità la giusta direzione, dimenticandoci però che lo straniero si lascia guidare anzitutto dalla sua cultura.
Ma questo non riguarda noi occidentali: per un tedesco un francese non è più di tanto uno straniero, per un ungherese non lo è uno slovacco [cito Agnes Heller]. Riguarda gli altri, quelli che non vivono all'occidentale e non pensano all'occidentale né pensano che un europeo debba essere uguale a loro per il solo fatto che qualche secolo fa in Europa, qui dove essi abitano, è stato stabilito che tutti gli uomini sono eguali.
Che in Europa oltre a noi occidentali ci siano anche gli altri è una Storia che si ripete. Ma se siamo noi europei a dover dire all'altro, allo straniero, "qui ci siamo anche noi oltre a voi" allora c'è qualcosa che non va.

(pubblicato su www.atuttadestra.net)